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I nonni raccontano

LE MIE PRIME ESPERIENZE TRA MAGIA, MITO E RELIGIONE

NATALE- A Genova quando ancora eravamo piccolissime, papà, in prossimità del Natale, allestiva la sera nei ritagli di tempo un grande e bellissimo Presepe. Faceva una grotta di frasche di circa tre metri di larghezza, due di altezza, uno e mezzo di profondità. Con la carta da pacco costruiva le montagne, poi, dopo essere stato a raccogliere il muschio fresco nei boschi, ve lo sistemava sopra. Con piccole e artistiche statue di terracotta, le casette e i ponti di cartone, creava ambienti e situazioni che riproducevano la vita popolare ligure. In posizione centrale sistemava la capanna di Gesù con i Re Magi poco lontano. La statuina di Gesù appariva nella mangiatoia la notte di Natale, mentre i Re Magi qualche giorno più tardi.
La sera di Natale, mia sorella ed io, ci dovevamo coricare presto perché nella notte doveva avvenire un miracolo. Infatti papà innalzava nella nostra sala un vero abete che arrivava fino al soffitto, carico di bocce di vetro soffiato dalle forme più fantasiose, insieme a dolciumi, frutta secca e fresca.
Non potete immaginare la nostra meraviglia quando il mattino trovavamo questa sorpresa. Ci domandavamo: ma chi era questo Gesù per festeggiare il quale si facevano cose così belle? Era una domanda alla quale non avevamo sufficienti risposte…

LA BEFANA - Dico la Befana, perché nessuno ci aveva mai spiegato cosa volesse significare la parola "Epifania". Vi parlo dunque di questa vecchietta amante dei bambini della quale ho saputo qualcosa durante lo sfollamento.Tutti ci parlavano della Befana come di un personaggio mitico ma reale. Chissà perché, io non ero convinta della vera esistenza di questo personaggio. La sera precedente l'arrivo della famosa vecchietta, io finsi di scendere con mia sorella al piano della camera da letto e invece mi nascosi sotto la credenza della cucina della nostra vicina di casa, presso la quale si era saputo che sarebbe passata la Befana. Con il cuore che mi batteva forte, sentii bussare alla porta e sul riquadro dell'uscio illuminato si stagliò una figura curva, con scarponi vecchi, gonna lunga, fazzoletto in testa e con un sacco pieno sulle spalle. Con la voce in falsetto domandò:"vi sono bambini svegli qui intorno?"- "no" risposero la mamma e la vicina. E lei "siete sicure? sennò me ne vado senza lasciare niente!"
Intanto io osservavo dal basso i grossi scarponi, le calze da uomo, i peli lunghi e ricciuti delle gambe. Cercai di guardare meglio il viso: somigliava tutto a quello del marito della nostra vicina. Poi la voce…proprio non mi convinceva. Saltai fuori dal mio nascondiglio gridando "Ti ho scoperto! Ti ho scoperto!".
Cadde così miseramente il mito della Befana. La nonna tuttavia continuò a prepararci la calza negli anni successivi perché sapeva che la desideravamo.

LA SETTIMANA SANTA - Il Parroco del paese raccomandava a noi bambini di portare una settimana prima di Pasqua i cestini di pane con le uova sode colorate per la benedizione. Le uova sode venivano colorate strofinandovi sopra i fiori di campo. Le nostre mamme gareggiavano a chi faceva, con la pasta di pane, il cesto più bello. Poi noi bambini dovevamo depositarlo su un altare laterale della chiesa, ma lo facevamo con molta titubanza per il timore di non poter ritrovare il nostro cesto. La Domenica degli ulivi c'era la processione: noi bambini non capivamo bene cosa fare di quei rametti e li sventolavamo in aria colpendoci per scherzo gli uni gli altri.
Il Venerdì Santo invece, veniva fatta una cerimonia particolare nella piccola chiesa della " Madonna nera". Di questa chiesa mi colpiva l'arredamento, diverso da quello tradizionale delle altre chiese. Vi era una pedana di legno che correva lungo le pareti e una lunga cassapanca con l'inginocchiatoio lungo tutto il coro, che era intagliato e cesellato con bellissime figure.
Tutta la gente religiosa del paese arrivava alla spicciolata e si sistemava a sedere sulla lunga cassapanca.
Ad un certo punto entravano dei personaggi paurosi vestiti di nero e incappucciati, con bastoni nodosi in mano. Il parroco leggeva la Passione di Gesù e ogni volta che nel racconto Gesù veniva maltrattato, questi incappucciati battevano con forza i loro bastoni contro il legno della pedana: noi bambini tremavamo tutti e speravamo solo che questa scena finisse presto.Sapevamo che il giorno dopo le campane festose della notte di Pasqua ci avrebbero liberato dall'incubo e saremmo corsi tutti a bagnarci il viso, perché si affermava che in quel momento ogni acqua fosse benedetta.

IL FUNERALE - Ve lo racconto subito, perché c'entrano ancora gli incappucciati. La processione che seguiva la bara, preceduta dagli incappucciati con candeloni in mano, si snodava lungo le stradine del paese. Al suo passaggio la gente faceva ala e si avvicinava alla bara lasciata scoperta per vedere il morto e fare il segno di croce.
Noi bambini non potevamo avere della morte che un'idea paurosa, perché nessuno ci aveva mai parlato della vita eterna e del Paradiso.


IL CIMITERO - I bambini grandi ci avevano detto che a una cert'ora della sera, un fantasma in bicicletta correva giù per il viale del cimitero che costeggia la villa Chigi, luogo che ci appariva misterioso non solo per il fatto che era nei pressi del cimitero ma anche perché i suoi cancelli erano sempre chiusi e non avevamo mai potuto visitarla.
Per l'incontro con il fantasma, noi piccoli ci accordammo sull'ora…ma inutilmente perché non ne vedemmo neppure l'ombra. Indispettiti salimmo fino al cimitero e aprimmo il cancello che dava terrificanti scricchiolii, ci avvicinammo alle tombe con i lumini accesi ed esplorammo ovunque per vedere se qualcuna di esse fosse scoperchiata…niente. Avemmo la convinzione di essere stati raggirati dai ragazzi più grandi e il giorno dopo litigammo con loro. I ragazzi cercarono delle scuse per spiegare il mancato incontro ma ci assicurarono che se fossimo andate il giorno successivo verso le nove di sera avremmo senz'altro visto il fantasma. Infatti così fu: alla vista della bicicletta con il lenzuolo bianco al vento che venendo giù dalla discesa pareva sospesa nell'aria, ci spaventammo tanto da fuggire a gambe levate!

LA FESTA DELLA MADONNA - Il Parroco raccomandava a noi bambini di raccogliere per la processione tanti cestini di petali di fiori. Andavamo al Poggiarrancia dove c'erano in Maggio tante ginestre fiorite e roselline selvatiche. Naturalmente si faceva a gara a chi prendeva più petali di fiori per averne cestini straboccanti. Il giorno in cui la statua della Madonna veniva portata in processione, noi bambini dovevamo stare davanti ad essa a due a due e spargere petali di fiori sulla strada per rendere festoso il passaggio della Madonna. Questo rito floreale ci faceva sentire felici.

LA FESTA DI S. FRANCESCO - Tutti i paesani venivano invitati sul piazzale della chiesa per la benedizione dei loro animali. Noi bambini portavamo quelli piccoli, mentre le massaie e i contadini portavano quelli più ingombranti. Impossibile dimenticare il serraglio, la confusione di voci e di versi di animali, la calca, l'odore di sudore e di sterco, che ci faceva concretamente prossimi gli uni con gli altri, persone ed animali. Naturalmente noi bambini facevamo a gara a tirare la coda degli animali degli altri.

SUPERSTIZIONI, ESORCISMI, MAGIE - Ricordo i discorsi misteriosi fatti dalle donne anziane del paese: essi scatenavano la mia curiosità e fantasia. Non riuscivo a capire se avessero o meno a che fare con la religione, perché le donne, quando venivano liberate da qualche "fattura" gridavano al miracolo di questo o quel santo o santone. Che differenza poteva fare tra i termini "santo" o "santone"? Per noi era un mistero.
Se una donna aveva il mal di denti (allora avere il mal di denti era una grande disgrazia perché i denti venivano estratti con una tenaglia e molte donne giovani erano già sdentate), pensava che una vicina gelosa le avesse fatto il malocchio. Allora andava alla ricerca del segno tangibile di tale malocchio. Il santone che, con le sue arti magiche veniva a scoprire tutto, le diceva "disfi il cuscino di piume: ne troverà una attorcigliata, più scura delle altre; la bruci, si faccia il segno di croce e il mal di denti le passerà".
Naturalmente intercorreva un certo tempo tra il prendere l'appuntamento con il santone, l'andarci a piedi o col carro, disfare il cuscino di piume, razzolare a fondo fino a trovare il corpo del reato e ricucire le piume dentro la fodera. A quel punto il mal di denti era passato, se non era peggiorato…
C'era poi spesso ruggine tra suocera e nuora. Allora la suocera andava dal santone, che prescriveva per la nuora magiche pozioni da somministrarle con i cibi e le bevande insieme ad un gran numero di preghiere. Poi sentivo dire che la nuora aveva vomitato strani oggetti nascosti nello stomaco e tutta la cattiveria era uscita con essi.
C'era il caso del mal di testa.Ti facevano abbassare lo sguardo su una scodella di acqua segnata con la croce, in cui veniva versata qualche goccia di olio d'oliva: se l'olio si spandeva era sicuro che ci era stato un malocchio! Allora ti facevano ripetutamente dei segni di croce con l'acqua e l'olio sulla fronte, allo scopo di far passare il maleficio responsabile di avrer procurato il mal di testa.
La confusione tra fede e superstizione era grande perché a volte, se la malattia era grave con febbre alta, veniva invocata una grazia speciale (dovete sapere che gli antibiotici non erano ancora diffusi). Si facevano preghiere collettive, novene alla Madonna Nera del paese e non appena la febbre scompariva, le donne uscivano sulla strada ad annunciare a gran voce a tutti l'evento miracoloso.

IL CATECHISMO - Fu esperienza che cominciò più tardi quando, finita la guerra, tornammo a Genova. Ma la racconto ora per restare in argomento. La nostra era una parrocchia salesiana. A quei tempi vi erano gli oratori maschile e femminile rigorosamente separati. In quello femminile c'erano le suore. Alcune di buon carattere, altre che menavano facilmente sberle. Io mi ero fatta un punto d'onore nell'apprendimento a memoria delle formulette del catechismo di Pio X, anche se capivo ben poco di quelle formule così brevi ma difficili. Tuttavia vincevo sempre le gare e prendevo un sacco di premi. Le suore ci facevano fare anche delle recitine, ma guai a noi se sbagliavamo qualche battuta, qualche passo di danza o qualche entrata: allora erano dolori! Quando il Parroco veniva a visitare l'oratorio, noi bambine dovevamo schierarci ai lati del cancello e del muretto e battere forte le mani: ordine delle suore che se ci vedevano distratte, ci lanciavano strali minacciosi con gli occhi.

LA COMUNIONE E LA CRESIMA - A quei tempi ci davano i due sacramenti nello stesso giorno. Nonostante la povertà della nostra famiglia, mamma e papà comprarono per me e mia sorella due bellissimi e lunghi abiti bianchi con il velo. Avevamo in mano un piccolo rosario e il libricino di prima comunione. Ci avevano persino fatto i boccoli ai capelli con il ferro caldo. Ci sentivamo belle come angeli ed eravamo serie e compunte. Fu una giornata lunghissima, durante la quale sentimmo tante preghiere in latino senza capirci niente; del resto il mistero della lingua andava d'accordo con gli altri misteri della fede che non eravamo assolutamente in grado nè di intuire né tanto meno di accogliere. Avrete potuto capire che le prime esperienze religiose furono piuttosto fallimentari e l'unico motivo che ci coinvolgeva era la curiosità, in quanto ci sentivamo come pionieri alla ricerca dell'arca perduta…